
“E mio nonno continua a tirarmi fuori quel putiferio delle elezioni mentre io sono lì che gli ripeto di ascoltarmi, che ho bisogno delle chiavi della sua vecchia Toyota “Tekno Car” scalcagnata per raggiungere Piazza Bowie 14 e attaccarmi al citofono, non darmi per vinto, sedermi sul pianerottolo ad aspettarla dopo essere entrato con qualche suo condomino – per poi probabilmente realizzare quanto tutto ciò mi faccia male e andarmene via con un vago senso di irrisolto – e lui invece insiste che questa gente sono le nuove Brigate Rosse e il putiferio è da ritenersi a tutti gli effetti un tentato colpo di Stato, e non ne vuole sapere di alzarsi per allungarmi le chiavi, insomma, io sono esattamente come lui perché ora non ho voglia di alzarmi per prendere quell’accendino, infatti ti chiedo se riusciresti a passarmelo, sì anche col piede va bene, ecco sì grazie, ffffh, Cristo hai dei piedi davvero prensili Ceco complimenti, però sembra proprio che lui voglia finire a tutti i costi il discorso per assicurarsi che io abbia capito bene la portata rivoluzionaria di questa facenda e le conseguenti ripercussioni politiche, ed ecco che è già finito a parlare di post-fascismo ed io sento che scivola via il momento giusto per agire, sento che se passa troppo tempo il momento si spegne e rimane un mucchietto di cenere di tutta la nostra relazione, e inizio a imparanoiarmi che forse non me la vuole proprio dare, la Tekno Car, che dopo l’avventura a Berlino con i drughi, con gli altri ci si chiama sempre drughi lo sai, e soprattutto dopo l’ultimo rave – che mio nonno pronuncia “ràv” – insomma quella volta il parafanghi deve averlo fatto incazzare un bel po’, penzolava come le buste aperte delle merendine e si era fatto tutta la strada dalla Calabria strisciando per terra, un brutto affare te lo garantisco, la parte sotto era tipo questo mozzicone, tra l’altro te lo passo, qua c’è il posacenere, la tua Mati non scherza coi posaceneri eh, va bene che qua intorno sono tutti tastieristi e bassisti e agitatori di dita di vario genere, rollano e fumano per tenerle sempre impegnate anche quando non suonano questi, ma lei ne ha messo uno per posto a sedere, benedetta ragazza, questa casa è un porto di mare e non ha ancora imparato a gestire l’ansia-da-ospiti, che significa essere costantemente in ansia perché qua c’è sempre qualcuno, questo buco di salotto ha la densità abitativa media di una favelas e non so se hai notato ad esempio quanto lei sia irritata dal fatto che si sia sovrapposta la serata musicale con Levi, Levi è il tizio che sta aprendo il divano-letto là in fondo, come se il suo gesto bastasse a dissuadere questi hipsteroni e punkettoni e fricchettoni e smanettoni con gli outfit di Grease dal rimanere qui a bere qualcosa, povero Levi deve ancora trovare una stanza e lo stiamo ospitando sul divano intanto che fa il giro delle agenzie, però deve capire che la serata musicale dopo le prove di Mati & Co. è un rituale, se ci fosse qua Ernesto De Martino direbbe che abbiamo tutti una bella crisi della presenza da quanto è rituale, che il nostro dasein va in tilt senza questi momenti di birrette e posaceneri e amplificatori, e il mio stava già andando abbastanza in tilt lì nello studio di mio nonno, ti dicevo, che si ostinava a dire che la Storia si ripete e che con questi presupposti il conflitto sociale rischia di scoppiare da un momento all’altro, anzi è già scoppiato, e giù a farmi un’analisi di fase dettagliatissima che manco i Congressi Nazionali delle organizzazioni studentesche e ormai altro che chiavi, l’unica cosa che sembra disposto a consegnarmi in quel momento è il libretto rosso e un augurio di buona Resistenza, e non dico che la situazione attuale non mi preoccupi, te mi conosci Ceco io scendevo in piazza prima ancora che il movimento diventasse di massa, ma in quello studio stavo smattando, stavo proprio scocomerando alla grande, e lui invece mi dice di abbassare la voce che la tossicodipendente del 6A scocomera più di me quando c’è baccano nel condominio, ci ha già discusso e non ha intenzione di farlo di nuovo, dice che è una crackomane che gestisce un giro di spaccio proprio lì sotto, con i corrieri che vanno e vengono in bici ogni giorno, e io gli dico che è paranoico ma tempo cinque minuti e bussano alla porta e mio nonno mi lancia un’occhiata che mi fa salutare la Tekno Car col fazzoletto da lontano e arranca verso la porta e quando apre c’è questa befana di cinquant’anni con la faccia grigia e la pelle che penzola e non sembra fare molta aderenza sul volto, insomma la megera inizia a sbraitare a tutto volume con una voce roca che è la vittima principale dei duecento chili di freebase che si è fumata, mio nonno pover’uomo che all’inizio si scusa e la fa entrare in sala e me la presenta cercando di essere affabile, ma lei continua a dimenarsi come se fosse stata morsa dalla taranta, e anche lì De Martino si sarebbe divertito un bel po’, per cui mio nonno a una certa inizia a inveire pure lui in dialetto bolognese scatenando una tempesta di sputi su tutta la scena, i due fanno a gara a chi parla più veloce e avranno sette denti in tutto, peraltro così traballanti che se li possono scambiare come figurine, uno spettacolo pietoso insomma, sono muso a muso e io ho paura che la befana mi indisponga il vecchio e tanti saluti alla Tekno Car, quindi le chiedo scusa, le offro una paglia, colpa mia signora, ho perso i nervi, lei sa cosa si prova ecco, i suoi nervi la pigliano a frustate ogni giorno, ecco, lasci che l’accompagni, non disturberemo più i suoi traffici, dopodiché torno in salotto e manco a farlo apposta il nonno si è barricato in bagno, ti giuro non sono mai stato così vicino a un attacco di panico o qualcosa del genere, nemmeno quando poi io ed Emma siamo riusciti a parlare, senti ti va se ci spostiamo in balcone, mi sa che Alvise vuole far sentire qualche suo pezzo all’intero vicinato, non se la passa troppo bene neanche lui – ora si è dato al glitch e alla tekno sperimentale per farti capire – ma sta equalizzando le frequenze al computer, il che significa che si è attaccato al sound del salotto e tra un po’ qua c’è il finimondo, altro che nanna povero Levi, guarda ha in mano Bukowski, si è rassegnato pure lui anche se sta facendo finta di voler leggere qualche pagina prima di addormentarsi, è proprio orgoglioso, e comunque sì, alla fine io ed Emma siamo riusciti a parlare, con o senza Tekno Car, perché a una certa lì nello studio realizzo, mi rendo conto che sto lottando contro qualcosa di più grande di me, no, non lo sfintere di mio nonno, si tratta del potere di scegliere, mi rendo conto che ormai non ho più voce in capitolo, che la vita ha preso il suo corso da un pezzo e tutto ciò che riesco a fare io è affannarmi attorno una relazione che è destinata a morire, a una ragazza che vuole troppe cose o troppe poche, che così come sono stato consegnato a lei da qualche fattorino del Destino ora vengo trascinato via per i piedi dalla stessa forza invisibile, e posso cercare di aggrapparmi ai lembi del tappeto e provare a scrollarmela di dosso, la forza intendo, ma in un modo o nell’altro riuscirò soltanto a farmi ancora più male sbattendo contro gli spigoli ed Emma rimarrà lì a guardare, cercando una narrazione che dia un senso alla faccenda come se fossimo in uno dei suoi comizi, ma tutto sommato senza fare nulla per cambiare né per rimanere se stessa; è paralizzata dal terrore, ha paura di cambiare troppo e ha paura di non cambiare mai, è bloccata in questo limbo e io non vorrei fare altro che affondare con lei, è questo il problema, e nel momento in cui penso tutto ciò sono per strada e il bisogno di vederla è improvvisamente attutito e anche il dolore è ovattato, come se provenisse da un lontano passato che bruscamente, a ondate, ridiventa presente e mi investe, tra l’altro quando succede mi sento diventare pesante, davvero pesante Ceco, tipo che faccio fatica a tenere il mento sollevato, infatti quando poi incrocio Tara è lei che mi vede, io ho lo sguardo vacuo che schizza di qua e di là e in realtà non sto vedendo nulla, ma lei mi ferma e accorgendosi che sono così mogio dà per scontato che io ed Emma abbiamo già parlato, così mi spara un bel “Quindi te l’ha detto? Io ho già chiarito anche con lei, spero te l’abbia accennato, è passato del tempo ma la nostra relazione – intendeva mia e sua, di Tara – ha ancora un valore simbolico per me e anche se io e te abbiamo proprio gli stessi gusti in fatto di donne, non ho intenzione di farti soffrire ulteriormente,” roba che il mio cervello fino a due secondi prima catatonico ricomincia a smattare, ma allo stesso tempo è in carenza di ossigeno perché il cuore è sprofondato giù di diversi centimetri, in direzione dell’addome, così gracchio un “Non c’è problema, Tara” e mi allontano prima di vomitarle addosso, anche se a posteriori forse mi sarebbe piaciuto, sì ci sto arrivando abbi pazienza, ormai che ti racconto fammi raccontare per bene, diosanto Cesare ha fatto di nuovo quella cosa strana con gli specchi in balcone, niente balcone Ceco, il balcone è off-limits, il nuovo coinquilino, il ragazzo di Mati sai, è un trentacinquenne intrippato con gli specchi, fa lo scultore in una fabbrica di utensili con dei materiali pazzeschi, il che è assurdo perché con la scultura si pensa sempre a Michelangelo, ma è pieno di gente fuori di testa che passa le giornate a saldare lastre di vetroresina o a smartellare informi pezzettoni di metallo o a darci addosso con la fiamma ossidrica, e insomma lui ci sta sotto con gli specchi perché crede che siano maschere che legittimano ontologicamente il nostro Io o qualcosa del genere, e ogni tanto ficca queste installazioni in balcone e le lascia lì per settimane, guarda c’è una marea di specchietti appesi, quindi nada, niente balcone, se vuoi restiamo in cucina che tra poco fanno uscire le pizze, EHI SE PITTATE IN BAGNO ABBIATE LA DECENZA DI TOGLIERE TRAINSPOTTING DAL MURO GRAZIE, scusami Ceco ma quel poster è una grossa discriminante per distinguere gli sconosciuti con cui posso stringere amicizia da quelli con cui non andrò d’accordo, basta una pisciata e finora si è rivelato un metodo davvero efficace: chi fa un commento di qualche tipo si rivela una cozza insopportabile, mentre chi lo apprezza in silenzio mostra buon gusto ma umiltà, quando invece se stasera lo rovinano con le bombolette dovrò ogni volta impegnarmi a conoscere chi passa da questa casa senza una bussola, investire le mie energie senza sapere se chi ho davanti si rivelerà una delusione o meno, e devo dire che in questo periodo faccio proprio fatica a non deludermi, per cui appunto ti stavo dicendo, ho sempre saputo che Emma non era del tutto etero, nel senso, abbiamo pure avuto un paio di esperienze a tre in cui il suo atteggiamento era tutt’altro che etero, tipo la colombiana in Erasmus se l’è proprio mangiata davanti a me per dirne una, e la cosa mi eccitava un botto, lo sai come la penso no, però mai avrei detto che sarebbe finita così, insomma è davvero ridicolo il tutto non trovi, anche il fatto che io lo sia venuto a sapere da Tara, c’è del grottesco in questa storia e non mi sento neanche del tutto a mio agio nel sentirmi a disagio, perché mi guardo da fuori e mi immagino come uno di quegli uomini privilegiati e insicuri, talmente timorosi di perdere il controllo su ciò che amano e che li rende vulnerabili da non riuscire ad accettare la diversità di chi gli sta attorno, quelli che mangiano carne cinque volte a settimana e guidano con una mano sempre sulla frizione perché gli piace la sensazione di onnipotenza che gli dà, la stessa per cui si assicurano periodicamente che il pacco sia ancora lì a ciondolare dove l’hanno lasciato l’ultima volta, quelli che vivrebbero l’omosessualità della propria fidanzata come un affronto e una sconfitta personale dal punto di vista erotico, un vero e proprio tracollo con rischio di retrocessione nella classifica dei maschi-che-sanno-far-godere-la-propria-pupa, salvo poi masturbarsi periodicamente sui porno lesbo perché la logica è la stessa del “due birre sono meglio di una”, e le loro madri avrebbero potuto mettere un freno a tutto questo con così poco nella pubertà, sarebbe bastata qualche chiacchierata in più e una sana dose di sberle ma non l’hanno fatto, eppure mia madre è una che in casa alternava lezioni sulla parità di genere alla discografia dei Jefferson Airplane, per intenderci, e non è servito a niente perché nel momento in cui Emma esce con la mia ex e vanno a letto insieme e fanno quella cosa della forbice e chissà quante altre che mi scatenano sentimenti decisamente contrastanti Ceco, te lo garantisco, ecco che io mi ritrovo tale e quale a quei trogloditi repressi con le paranoie sessuali, per questo ho fatto la metafora del fattorino del Destino che mi sbatacchia di qua e di là, perché sono sulla via della resa, davvero sulla via della resa, la vedo che si dipana di fronte a me, questo bel lastricato di fallimenti con le pietre irregolari e nessuna deviazione, e non c’è verso che prenda una piega migliore, vedi, perché in fin dei conti sappiamo entrambi, io ed Emma, che non si tratta di Tara o del sesso tra ragazze, quella è soltanto la manifestazione di un’incomprensione più profonda, di un qualcosa che riesce a emergere solo attraverso i nostri patetici gesti, i nostri dispetti da bambini e il nostro rincorrerci vicendevolmente quando uno dei due decide che il gioco è durato abbastanza, ma fino a quando non prendiamo questo qualcosa e lo strappiamo dalle profondità in cui ha messo le radici e lo portiamo alla luce e lo sezioniamo finché non è un ammasso sanguinante di tanti qualcosa più piccoli e comprensibili e affrontabili, fino a quando continuiamo ad ignorarlo allora c’è ben poco da fare, il lastricato è sempre lì e io continuo a sentirmi un inetto che ci saltella sopra, un pezzo d’uomo ambulante che non sa stare con una persona ma nemmeno convivere con se stesso, che non si prende le proprie responsabilità ma in compenso si colpevolizza come un cristiano appena qualcosa va storto, e in definitiva vorrei essere capace di godermela questa corrente più forte di noi, rilassarmi un po’ e lasciarmi cullare come fanno tutti, come fanno i miei drughi, che si pigliano sempre delle gran batoste ma non li butta giù nessuno, perché tanto sanno che è roba passeggera e a quest’età non ha senso cercare di costruire qualcosa di duraturo, è tutto precario, e nel momento in cui ci provi ti appesantisci e rallenti e le cose si accumulano e nel giro di poco sei sopraffatto, a meno che tu non sia una macchina con la capacità di gestione e il controllo maniacale di Mati, che per quanto ossessiva la invidio comunque la sbarbina, perché quantomeno ha trovato una soluzione ai propri problemi e non importa che si tratti della sdrenante produttività con cui affronta ogni giornata della propria vita, perché questo la fa stare meglio con se stessa e le tiene la mente occupata e in fin dei conti è felice di essere una persona che non sta mai ferma, ecco io questo non capisco, che accidenti di persona voglio essere, senza contare il fatto che Emma mi fa sbarellare ancora di più, quando forse in questo momento avrei bisogno di qualcuno che mi accenda la luce e mi tiri su le persiane – o forse solo una delle due cose – e non che mi spruzzi il, non so, il vapore negli occhi, però sto divagando e lasciatelo dire Ceco ma la tua attenzione è inversamente proporzionale al tuo appetito, da quando hanno sfornato quelle pizze sta precipitando più in fretta di questo governo, hai presente quando fai serata, bevi le peggio schifezze, fumi fino a quando non senti più le labbra, mangi il kebab alle quattro di mattina, poi dormi a casa di qualcuno ma non hai lo spazzolino dietro e quando ti svegli hai l’alito di un pantegone che ha appena sbafato una carcassa tocciata nell’organico dei cassonetti di Piazza Bowie, ti sembra di esalare lo scarico delle navi ogni volta che apri quella fogna per rispondere a qualcuno, e torni a casa con in bocca questo fetore di banane in putrefazione e con la lingua rattrappita apri la porta del bagno e davanti a te si staglia il tubetto gonfio di dentifricio sul lavandino, con le tonalità di colori che ricordano freschezza e le foglioline di menta stampate sopra, ecco quello è lo sguardo con cui stai fissando quelle pizze da un’ora Ceco, mannaggia a te, comunque per farla breve ho camminato qualcosa come due ore e mezzo, le gambe mi hanno portato da Emma con il pilota automatico e sorprendentemente mi ha aperto subito, si vede che era stanca pure lei dei giochetti, quando sono salito ci siamo fissati per un istante, poi ho detto qualcosa e siamo scoppiati a ridere, poi siamo tornati seri, poi lei mi ha detto che l’hanno chiamata a Roma a coordinare il movimento, che le hanno dato un ruolo di spessore nella gestione nazionale, ora deve occuparsi di stringere contatti con i gruppi più moderati per portarli dalla nostra parte, fare accordi con i rappresentanti, scendere a compromessi, senza togliere tutta la parte di guerriglia nelle strade che come ben sai non è la sua preferita, l’escalation di violenza dell’ultimo periodo ha richiesto la mobilitazione di tutto il movimento e insomma i presagi che mi trasmettevano urgenza riguardo a noi due si sono concretizzati, io mi sono guardato un po’ attorno senza parlare, faceva un caldo porco lì dentro, in quella casa ci sono sempre stati i termosifoni a mille, mi sono guardato attorno come un vagabondo, le ho detto che sapevo di lei e di Tara e poi me ne sono andato così, senza aggiungere nulla, ma sono stato troppo lento perché ho fatto in tempo a sentirla piangere, una scena davvero struggente Ceco, i suoi singhiozzi che mi cadevano addosso dalla tromba delle scale e io che avrei voluto soltanto risalirle a due a due e prenderla e dirle che non importava Roma, non importava la lotta armata, non importava che a entrambi piacesse la fessa, avremmo comunque potuto stare insieme, perché insieme potevamo fare tutto e io con lei mi sentivo più me stesso e volevo continuare a essere me stesso, ma forse è stato meglio che il pilota automatico mi abbia portato fuori da lì, perché a posteriori dubito che se avessi intravisto in quel momento anche solo un barlume di speranza, se avessi continuato a inseguirla e se avessi sacrificato tutto per lei anche dopo, dubito che sarei riuscito a non ammazzarmi quando poi ho ricevuto la notizia dalla Capitale, malgrado in questi giorni io mi chieda come sarebbe andata se l’avessi seguita laggiù, chissà magari non sarebbe successo quello che è successo.” “CECOOOO è ora della nanna, vieni qui tesoro bell… Ah.” “Ciao Mati. Devo dire che la tua scimmietta diventa sempre più condiscendente col passare del tempo.” “Pensavo fossi uscito, non ti vedevo più.” “Ho avuto una piacevole chiacchierata con Ceco, c’era una bella atmosfera in sala.” “Se pensi che quando ti sei trasferito qui ti cagava nelle lenzuola, sono progressi. Vieni qua, Ceco!” “Gli ho pure offerto due sbuffi di canna, ora è in piena fame chimica.” “Cosa? EHI VOI, quella è una pizza, non un fottuto hot-dog. Se volete metterci la senape, abbiate la decenza di spalmarla solo sulle vostre fette.” “Be’, mi sa che seguo a ruota il buon Ceco verso la branda.” “Vuoi che mandi via tutti? Lo so che non è la serata giusta per…” “No, lasciali in pace. Questa casa non ha mai cacciato nessuno prima delle due di mattina, sarebbe un oltraggio alla tradizione.” “Sicuro di riuscire a dormire con questo baccano? Non voglio che affronti la commemorazione…” “Mati. Io sto bene. Domattina è un altro giorno e tu hai una scimmia, un bagno pieno di writers e una serata musicale da gestire.” “Ancora con i graffiti… Ehi, sei sicuro? Guarda che non ci metto niente a…” “Sto bene. Davvero. Buonanotte.”
di Costantino Bovina