Il potere dei giganti

Recensione sul finale del manga di Hjime Ysaiama

Il volume 34 ha sancito la fine di una storia che ha tenuto col fiato sospeso gli spettatori e i lettori per dieci anni. L’attacco dei giganti ha rappresentato un intenso percorso emotivo sia per chi ha visto la serie anime, sia per chi ha letto il manga. Un racconto intriso di contenuti politici, di tematiche sociali mai banali, il manifesto di un’umanità cinica e perseverante negli errori. La stessa copertina dell’ultimo volume è molto significativa: i tre protagonisti da bambini, che corrono spensierati in un prato. Proprio come tutto è iniziato.

Il finale è stato equilibrato, giusto e in linea con tutta la serie. Non stravolge la trama, non capovolge gli eventi, non lascia di stucco il lettore e soprattutto non cambia l’immagine dell’umanità che, per tutta la storia, l’autore ha rappresentato. Inoltre, il finale concede il giusto spazio ad un personaggio che, per tutta la serie è rimasto nell’ombra: Mikasa.

Tutto finisce come tutto è iniziato: Mikasa e Eren. Un rapporto, il loro, speciale, forte (forse a tratti morboso) e apparentemente fraterno. Anche se, inrealtà, di fraterno non ha nulla perché loro due si amano. Provano un amore assoluto, inespresso, quasi platonico. E sarà proprio quest’amore a porrefine al potere dei giganti!

Eren è stato un protagonista strano. Un protagonista che non ha scelto di diventare tale. Il suo potere è derivato dalla scelta del padre che lo ha reso la chiave per la liberazione del popolo di Eldia. A tratti non piace, a tratti annoia, a tratti entusiasma; un personaggio che suscita varie emozioni nei lettori e negli spettatori. Nell’ultima parte della storia si arriva quasi ad odiarlo, quasi a considerarlo cattivo (e in effetti l’autore non lascia spiragli nella narrazione per pensare il contrario), mentre nel finale tutto si capovolge. Eren sapeva tutto sin dall’inizio. Aveva pianificato tutto negli anni precedenti, causando persino la morte di Berthold affinché Armin prendesse il potere del gigante colossale. Eren Jeger compie tutto questo per permettere agli eldiani di vivere in pace e per porre fine al potere dei giganti. Vuole dare ai suoi amici la possibilità di diventare i salvatori del mondo così che il mondo stesso non li possa più odiare, affinché il resto del mondo non abbia più paura di loro. Questo piano viene messo in atto nonostante tutte le vittime innocenti causate dal Boato.

Da odio si genera odio, dalla violenza si genera violenza, dalla paura si genera paura. Non c’è scampo, nessuna via di uscita. È questo il messaggio principale che l’autore ha voluto trasmettere con il volume finale. L’umanità non imparerà mai dai suoi errori e anzi, li ricommetterà senza indugi. La verità è che l’uomo ha paura del diverso, di quello che non conosce e che in passato gli ha provocato dolore. A questa paura risponde solo con la violenza, con la guerra, con il razzismo e in cambio non riceve altro che sangue e la stessa violenza. Nella parte finale bene e male si confondono, non si riesce più a distinguere chi siano i buoni e chi siano i cattivi, tutto si ribalta e si mescola. Da una parte gli eldiani che hanno combattuto per tutta la vita contro la minaccia dei giganti fuori le mura, dall’altra gli eldiani che abitano nel territorio di Marley, segregati nel ghetto di Liberio e usati come pedine nelle battaglie o addestrati per ereditare il potere dei nove giganti. Tutte e due le parti lottano per sopravvivere, in nome di ideali puri e degni ma che come due calamite di segno uguale, non si toccano mai: anzi, si fanno la guerra a vicenda. Nonostante alla fine a salvare il mondo siano stati gli eldiani dell’isola di Paradis insieme agli eldiani di Marley, il mondo non è cambiato. La paura non ha lasciato spazio alla pace, la guerra non è stata abbandonata: è un circolo vizioso dal quale l’uomo è dipendente e dal quale non uscirà mai.

di Tommaso Aiello

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