
Villa Levi è una costruzione neoclassica che sorge nel territorio di Reggio Emilia, precisamente a Coviolo e che è stata location della prima edizione emiliana del festival “Birrette in Villa”.
Villa Levi, oltre ad essere stata semplice sito del festival, è uno dei simboli del riscatto culturale dei lavoratori dello spettacolo: l’albatro che acquista consapevolezza della propria diversità e che crea un’area squisitamente intellettuale piuttosto che di superbo distacco rispetto alla situazione. “Vogliamo tutti essere eremiti, invece la comunità deve interagire a più livelli per attuare un compromesso utile” afferma Staniz, uno dei principali organizzatori dell’evento, grazie al quale Habitat e Vino e Vinili, due collettivi di musicisti reggiani, sono riusciti a importare il format “Birrette in Villa”, così da dare spazio alla musica e alla cultura della birra indipendente.
Federico Barbieri, dj di Habitat, racconta che questo festival è frutto di un processo durato anni, iniziato dalla spinta propulsiva di Daniele Meglioli, del comitato Coviolo, che più di un anno fa lanciò l’hashtag #salviamoinsiemevillalevi. Il movimento attira l’attenzione dell’Alma Mater Studiorum, divenuta proprietaria verso la metà dell’Ottocento di quella che probabilmente era una residenza estiva del Seicento. Incredibilmente è stata proprio la pandemia a fungere da motore per accelerare la realizzazione concreta del progetto “Birrette in villa”, nato a metà del 2020 dall’intuizione creativa di quattro amici. Si incontrano le realtà di “Habitat” e di “Vino e Vinili” con “Picnic Elettronico”, un altro format di serata volto a emancipare i dj emergenti italiani. Tutti sono complici della voglia di tornare a respirare quell’aria sana, culturale e di puro svago al tempo stesso. Con una straordinaria sinergia, decidono di anticipare la fascia oraria degli eventi, cercando di reinventare il contesto serale che la pandemia ha oramai sbiadito. Alfredo Tronci, organizzatore di Vino e Vinili, rivela che l’idea è quella di creare questa tipologia di contesto in posti iconici della città, come palazzi storici, cantine emblematiche, con la collaborazione di partner food per garantire un’esperienza poliedrica. Il tutto intersecando marketing, sport, etichette e saldi princìpi, oltre che la promozione di birre artigianalmente prodotte nel territorio, ma anche di birre extraregionali. “Tutto ciò che comunica qualcosa è cultura: la mescolanza di gente che si occupa di eventi di diurno, notturno, dell’aspetto gastronomico, di ambienti per condividere qualcosa con gli altri. Il mondo degli eventi viene visto come una defezione del concetto di fare impresa; invece, occorrerebbe anche una normativa che vada a disciplinare i diritti degli utenti e delle figure professionali che lavorano in questo ambito (pensiamo al problema della restituzione del biglietto che si è posto con la situazione pandemica)”. Queste le parole di Staniz, scrittore per la rivista veronese Pantheon Magazine e direttore artistico dalla svariata esperienza. Egli, da organizzatore di eventi attivo da anni nel settore, sottolinea come nel contesto musicale e nell’informazione che ne deriva ci sia una malsana competizione. Invece, osserva, ci sarebbe la necessità di creare un sistema musicale liquido, interscambiabile.
Durante la data del 18 settembre gli artisti della serata hanno raccontato la loro esperienza a Puntaccapo: il già citato Federico Barbieri, aka Dj Hurricane B, che ha aperto le danze con una selezione squisitamente tech/house, seguito poi dagli Euro Nettuno, un duo il cui scopo principale è ridar voce all’italo disco vecchio stile. Emblematico il nome del duo, ci raccontano Matteo “Pappo” Paparo e Andrea “Faloc” Favalli, che nasce nell’Ottobre 2019 in onore di una discoteca omonima sita nella spiaggia ligure che negli anni ’80 era uno dei principali punti di riferimento del panorama disco: “Siamo entrambi di Reggio Emilia e abbiamo cominciato per gioco, nei circoli arci che si trovavano vicino casa. Da lì abbiamo cominciato a fare ricerca con una sintonia unica, portandoci così a fare le prime serate ed è nata la magia”. Tra l’altro, hanno osservato come le sonorità italo disco stiano tornando fortissimo e da un lato ringraziano anche Tik Tok e i Reels di Instragram che hanno permesso la scoperta di canzoni del genere, favorendone il passaggio. “Poi basta pensare anche “Musica Leggerissima”, il pezzo di Colapesce e Di Martino, che sono riusciti a rappresentare la musica disco in maniera eccellente”, afferma “Pappo”.
La serata si è conclusa in bellezza con il live di Bruno Belissimo, uno dei maggiori esponenti della dance e dell’italo disco del momento. È stato la star della serata e ha mantenuto caldo il pubblico nonostante le 29 date di esibizioni svolte nel giro degli ultimi due mesi e mezzo. Post-live, Bruno ha parlato dell’italo disco come di un genere di culto ormai radicato, anche se ricorda col sorriso i gloriosi anni 2007/2008 dove ogni città aveva la propria serata electro. A cambiare il contesto è stato probabilmente l’avvento dell’indie a partire dal 2015. “Al Dumbo di Bologna c’è stato il mio primo live dopo il lockdown, dove il pubblico era costretto a stare seduto e ci siamo dovuti adattare a questa nuova modalità. Ma adesso non ne posso più di queste sedie, mi mettono ansia. Spero che questa situazione finisca presto. Non so cosa succederà nei prossimi mesi e ancora non è facile essere ottimisti” conclude l’artista, sottolineando la necessità di risvegliare il mondo degli eventi al più presto.
La resilienza, oltre all’accezione psicologica, conosce anche un altro peculiare significato. Nella tecnologia dei filati e dei tessuti è l’attitudine di questi a riprendere, dopo una deformazione, l’aspetto originale (Treccani): si auspica che gli eventi e la musica dal vivo possano riprendere la normale forma culturale e ricreativa dopo una inaspettata e sfiancante emarginazione sociale.
di Federica Suriano e Aldo Dushi